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"Per te che siedi sul trono" di Giovanni Pennati


“Per te che siedi sul trono” di Giovanni Pennati è un romanzo breve di cui ho apprezzato diversi aspetti e, in particolar modo, la contrapposizione fra “essere” e “apparire”.

È noto, viviamo in una società dominata dl culto dell’apparenza, culturalmente povera, nella quale lo strapotere della tv crea falsi miti, premiando superficialità e assenza di contenuti. Una società in cui la cultura tace e il trash dilaga. Nella quale essere simili a Bruno, un professore che si approccia al suo mestiere prendendo come esempio “L’attimo fuggente” non paga di certo. Se aggiungiamo un trauma che il protagonista si porta dietro come un albatros attaccato al collo da decenni ormai, il quadro è tristemente completo.

La figura di Bruno mi ha commossa per il suo idealismo, la sua struggente delicatezza. Segno che l’autore di questo romanzo, Giovanni Pennati, ha fatto un buon lavoro. L'ha reso profondamente umano. Un Don Chisciotte dei nostri tempi, freddi, convulsi e distratti, che riesce a vedere la poesia dove nessuno la scorgerebbe, che è ancora in grado di emozionarsi, di sognare.

Bruno conduce una vita solitaria, finché per una combinazione di circostanze si ritrova sotto la luce dei riflettori. Lui così timido, così schivo. Accetta la sfida ed esce dal guscio. Si espone al pubblico ludibrio e perde tutto… o forse tutto trova.

Dovete leggerlo questo romanzo. Breve, scorrevole, caratterizzato da uno stile brillante, vivace e provvisto di un finale che fa sognare.

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