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Intervista all'autrice Daniela Biancotto


Cari amici, in occasione di una puntata di "Audiopresentazioni Letterarie", realizzata sul canale tematico web Radio Autori Emergenti, ho rivolto alcune domande all'autrice Daniela Biancotto sul suo libro d'esordio "Solo una madre finta - Storia di un'adozione difficile" e ne è risultata una interessante intervista che anticipa alcuni dei temi fondamentali della sua opera.

Leggetela e, soprattutto, non perdetevi il suo libro, acquistabile sul sito Opera Uno e sui principali bookstore on line.

Questa è l'intervista che verte su sette domande, riportate di seguito:


1) "Solo una madre finta"-"Storia di un'adozione": titolo e sottotitolo significativi che indicano un'adozione estremamente problematica, cui fa da contraltare la dedica contenuta nel tuo libro: "A mia figlia con l'affetto di una madre vera". Vuoi parlarci, Daniela, delle emozioni contrastanti che hanno accompagnato il percorso di adozione di Bianca?

Il mio libro non racconta solo la storia di Bianca, mia figlia, ma racchiude tante storie sentite da altri genitori adottivi che ho avuto modo di frequentare.

Adottare mia figlia è stato un percorso duro, faticoso, magico e doloroso nello stesso tempo. Bianca non voleva venire con noi, perché era legatissima a una suora che l’aveva cresciuta per due lunghi anni come una figlia, amandola e viziandola terribilmente. Lo strappo affettivo da questa religiosa l’ha segnata profondamente e l’ha portata a considerarmi la donna che le aveva tolto la "vera mamma". Io per lei ero solo la mamma finta, perché quella vera era la suora. Nonostante tutto, il periodo dell’adozione e quello precedente sono stati magici: mi sentivo felice, in pace con me stessa, avevo tanti sogni, tanta voglia di essere madre, finalmente.

2) Assistenti sociali e psicologi, come racconti nel tuo libro, non hanno saputo svolgere adeguatamente il proprio compito riguardo a questa tua adozione. Come si potrebbe evitare - se è possibile, a tuo avviso - che di errori analoghi facciano le spese altri genitori?

Io ho sbagliato perché allora credevo che con il tempo la bambina mi avrebbe amata e non ho avuto il coraggio di parlare francamente con la psicologa e con l’assistente sociale del mio disagio. Bianca odiava stare solo con gli adulti: lo sbaglio più grande è stato quello di darle una famiglia senza altri piccini, di non voler vedere che non era pronta ad amarci, che non le stavamo simpatici. Ogni bambino da adottare dovrebbe scegliersi i genitori in una cerchia di famiglie idonee, anche perché sono tantissime le coppie che ne fanno richiesta. La cosa più grave, secondo me, è lasciare dei piccoli in istituti in cui le suore non vogliono svolgere il ruolo che compete loro: preparare i piccoli all’adozione.

Un solo consiglio: essere schietti e non aver paura di dire la verità, anche se scomoda.


3) Anche le suore, in particolar modo una, non hanno facilitato il distacco di Bianca dall'orfanotrofio, commettendo in prima persona o permettendo che fossero commessi grossi errori nella sua educazione. Vuoi parlarcene, Daniela?

Come ho accennato prima, sono rimasta allibita dall’educazione impartita a Bianca in istituto: lei era la più piccola, la più bella, lei sceglieva i giochi, i film per tutti. Lei era continuamente baciata e coccolata, solo lei. Lei aveva i vestiti firmati che venivano donati dai negozianti alle suore. Tanti vedevano cosa succedeva nell’istituto, ma troppi hanno fatto finta di niente, per quieto vivere.

La suora ha fatto sentire me una ladra di bambini e Bianca terribilmente sola e triste. La piccola aveva già subito l’allontanamento dai veri genitori e per la seconda volta si è vista strappare dalle braccia di quella che considerava la mamma. La rabbia della piccola inevitabilmente è poi ricaduta su di me.


4) Cosa ti ha dato e cosa invece eventualmente ti ha tolto (se ti ha tolto qualcosa, ovviamente) questa esperienza di adozione e come ti ha cambiata, Daniela?

Dopo quest’esperienza sono diventata una donna forte e schietta: ne ho passate così tante che non ho più paura di niente. Sono felice di poco, mi è sufficiente starmene in pace per conto mio. A scuola sono meno esigente, assegno pochi compiti perché non voglio che altre madri debbano lottare come ho fatto io, per anni, per la scuola. Quando vedo un’amica con il passeggino, non mi avvicino più con trepidazione e gioia, anzi, penso: "Poveretta! Speriamo che con il figlio non debba passarne di tutti i colori in adolescenza".

Adesso non dò più niente per scontato e non mi permetto più di giudicare nessuno.

Malgrado la storia difficile, Bianca mi ha dato tanto: è mia figlia, la figlia che ha sofferto più di me e che io amo immensamente.


5) Noi donne in genere tendiamo ad attribuirci colpe anche quando non dovremmo: c'è qualcosa che ti rimproveri nei confronti di Bianca?

Sì, mi rimprovero di non averla amata più di me stessa.


6) Questo tuo libro avrà anche un seguito al quale stai lavorando. Vuoi fornircene qualche anticipazione, Daniela?

Sto scrivendo la seconda parte, per dare speranza a tante madri, adottive o meno, che si trovano a dover lottare per i figli, a soffrire con loro, a veder morire la speranza giorno dopo giorno.

Bianca, infatti, non è più la ragazzina ribelle descritta nel mio libro, ma una donna che lavora, che ha trovato la sua strada e che ha progetti e ambizioni. Dice anche di volermi bene, che sono la sua unica mamma …

In questo mio nuovo libro che pubblicherò tra qualche anno, le madri sofferenti potranno vedere il rosa, là, solo là, oltre l’orizzonte delle loro paure, oltre il fiume d’angoscia che quotidianamente le travolge.


7) "Solo una madre finta-Storia di un'adozione" ha ottenuto molti riconoscimenti e premi. Qual è il commento, la recensione, il giudizio sulla tua opera che ti ha maggiormente gratificata e/o emozionata e perché?

Tutte le recensioni, scritte dalle varie giurie, sono state emozionanti e delicate, ma una in particolare mi ha colpita: quella avuta in dono dal grande scrittore Giovanni Garufi Bozza, autore del capolavoro "Alina" autobiografia di una schiava. Lui, che è anche un grande psicologo, ha colto perfettamente la rabbia, l’amore e il senso di solitudine che emergono dalle pagine del mio libro. Mi ha scritto che il mio racconto gli ha procurato "un tuffo al cuore".

Su Facebook mi ha detto che, secondo lui, mia figlia potrà leggere il libro quando lei stessa si sentirà pronta a farlo, e che l’aiuterà a rileggersi, a capire l’amore che ho avuto ed ho per lei.

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