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Recensione a "Se è Poesia, lo sarà per sempre" di Mauro Cesaretti


Un agglomerato di emozioni profonde, intense, graffianti: questa è la prima sensazione provata leggendo la raccolta poetica di Mauro Cesaretti, nella quale, come in ogni silloge di liriche degna di questo nome è il fattore emotivo a predominare. Un fattore emotivo che, salvo qualche sporadica eccezione, predilige i toni scuri: il poeta, riferendosi alla sua esistenza, parla di mancanza di colori, di "quadro tetro". Si percepisce, in maniera chiara, esplicita, una sorta di inadeguatezza al vivere, che a livello di sensibilità e contenuti potrebbe spingerci ad accostare idealmente questa opera al "male di vivere" montaliano che affonda le sue radici in una concezione negativa dell'esistenza.

“Alla fine” - dichiara Mauro Cesaretti in una delle sue poesie - “viviamo sempre dietro le quinte di uno spettacolo che va avanti senza noi.”

Insomma l'esatto opposto del celeberrimo “Faber est suae quisque fortunae”: l'uomo, “bassa specie”, “esclusione di sguardi”, “indifferenza di parole”, in questa raccolta, non è affatto padrone del suo futuro. Dal suo ruolo di spettatore altro non può fare se non osservare lo scorrere dei giorni, in un misto di endemica stanchezza e mesta, sepolcrale rassegnazione.

In un eventuale soprassalto di inattesa vitalità, intenzionato a cambiare il suo stato, come sottolinea l'autore, dovrà stare attento a non passare da una gabbia all'altra. Nei versi di questa raccolta si respira, infatti, una costante sensazione di oppressione. Alcune poesie di Mauro Cesaretti sono brevi e lapidarie come epigrafi e frequente è il richiamo alla morte. Del vivere comune il poeta non capisce né condivide le logiche, al punto da arrivare a sintetizzare la sua “autopsia del mondo”, ricorrendo all'espressione “uno sfondo di pazzia”. Unica via d'uscita apparente da un simile stato è illudersi dell'esistenza di una realtà positiva che vive solo nella fantasia. Non a caso, nella sua “Illuso”, Mauro scrive, con lucido scoramento: “Finirai col vedere quel che il mondo non vede/ con l'amore che nessuno conosce”.

Frequente, nei suoi versi, il ricorso a termini e aggettivi di derivazione classica: avello, canopo, iperbati, solo per citarne qualcuno, che fanno pensare a una sua formazione umanistica o, in alternativa, all'amore per le lettere antiche da parte di Mauro. Il poeta oscilla fra anestesia dell'anima (in lui, anche il dolore è freddo, mentre il sogno è descritto come un'idea) e cupa rassegnazione, figlia del suo tempo, oltre che di un animo pensoso e sensibile. Non a caso, in alcune delle sue poesie telegrafiche come aforismi, si fa esplicitamente riferimento alla nostra Italia, "Paese allo sfascio". Questa sua dolorosa consapevolezza richiama a una realtà desolante, priva di prospettive per le giovani generazioni e resa da Mauro Cesaretti con efficace, toccante immediatezza.

Non mancano considerazioni ironiche su questo fenomeno così attuale e, a volte, si ha come l'impressione che l'autore reciti su di un palcoscenico metaforico, mostrando, a chi legge i suoi versi, la radiografia di un'anima martoriata e consunta nonostante la giovane età.

La domanda che sorge spontanea, in seguito a tale lettura è la seguente: si può essere privi di speranze a soli vent'anni? Retorica, vero? Certo che sì. Non c'è età peggiore dei vent'anni per sentirsi vinti, per percepirsi come arresi, già “finiti”, se si è particolarmente sensibili e riflessivi; non esiste momento di transizione più doloroso per un giovane che si affaccia alla vita, nell'età in cui la società gli richiede di operare scelte decisive, per le quali si è impreparati ora più che mai, dato il contesto sociale ed economico tutt'altro che incoraggiante. Interessanti spunti di riflessione, Mauro ce li offre parlando anche di religione, senso di colpa, dicotomia fra elevazione e cadute.

Dal punto di vista dello stile, i versi delle liriche raccolte in “Se è Poesia lo sarà per sempre”, che fa parte della trilogia "Infinito" , ora sono lapidari come epigrafi, immediati come scatti fotografici, ora recano l'impronta metrica della poesia tardo Ottocentesca; a tratti vi figurano assonanze, consonanze, allitterazioni, anafore, rime alternate, similitudini. In qualche lirica, Mauro sembra giocare perfino in maniera divertita ed esplicita con le parole, con il loro suono, spargendo versi in rapida successione. Ha soli vent'anni ma, a dispetto della sua giovane età, si percepisce quanto abbia già letto, studiato e, a quanto pare, anche sofferto.

Gli auguriamo, negli anni, di assomigliare sempre di più all'uomo tenace descritto da una delle sue liriche, di inerpicarsi “con coraggio” sulle “selvagge vette vitali”, dominando le emozioni negative e facendo della sua intelligenza, sensibilità e cultura dei validi alleati nella imprevedibile scalata della vita.

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